giovedì 12 aprile 2012

La psicologa della mutua

Ho scelto un lavoro complicato. E' bellissimo e entusiasmante a volte, per quanto è stressante e frustrante altre. Sugli psicologi si dicono tante cose: si dice che fanno questo lavoro perchè sono loro stessi un po' pazzi ed hanno scelto di curare gli altri per curare se stessi. Si dice che cercano la gratificazione che prova chi dà aiuto. Si dice che possano sentirsi onnipotenti e possano ammalarsi di narcisismo. Si dice anche che rischiano di manipolare le persone che si rivolgono a loro. Insomma non se ne parla poi troppo bene, però alcuni di questi pensieri contengono una parte di verità.
Per me la parte entusiasmante risiede nel sentire di essere stata d'aiuto. Ho già scritto di questo, di come a volte riesco a sentire di aver riparato ad una ingiustizia. E' innegabile che quando finisco una psicoterapia o una consulenza ai genitori con la consapevolezza che qualcosa è cambiato, qualcosa nella vita di quelle persone è migliorato, anche grazie al mio intervento, mi sento gratificata. Mi sento bene anche quando non mi viene riconosciuto direttamente, non c'è bisogno che mi venga detto. So anche bene che i miei sforzi sono solo una parte del risultato e che il lavoro più grande lo fanno le persone, i bambini, gli adolescenti, i genitori, gli insegnanti. Se non c'è una sinergia tra gli sforzi di tutti non è possibile arrivare ad un cambiamento.
Infatti a volte il cambiamento non avviene.
A volte sembra che tutti gli sforzi che si fanno non portino ad una vera svolta, oppure che il cambiamento avvenga così lentamente che appare irrilevante. A volte le persone lasciano, abbandonano, oppure persistono negli schemi di comportamento disadattivi.
A volte non c'è la consapevolezza che è necessario cambiare. A volte la  situazione sintomatica costituisce l'unica modalità che le famiglie conoscono o accettano per affrontare la vita.
In questi casi mi sento impotente, inutile, incapace. Nonostante sappia che non è possibile innescare ogni volta tutte le variabili che producono un cambiamento, continuo a chiedermi se non c'è qualcosa che ho trascurato, qualcosa che avrei potuto capire meglio o prendere in considerazione in modo diverso.
Provo allora a parlare con i colleghi, a cercare altri tipi di approcci. Sono una psicologa eclettica, non mi sono formata in una scuola di psicoterapia "ortodossa" e non seguo un solo metodo. Certo preferisco nella psicoterapia individuale dei bambini e degli adolescenti l'approccio psicodinamico, ma a volte non disdegno di usare tecniche di stampo cognitivista. Con i genitori spesso mi ritrovo ad utilizzare tecniche comportamentali, che trovo molto utili quando i bambini mostrano sintomi oppositivi, aggressivi, disregolati. Sempre trovo utile avere un'ottica sistemico-relazionale nel comprendere le relazioni familiari ed a volte utilizzo la psicoterapia familiare come intervento principale, anche se sono limitata dal fatto che è necessario che ci sia un coterapeuta.
Spesso infatti i limiti dell'intervento sono oggettivamente quelli del lavoro nella struttura pubblica: i casi sono molti ed il personale è sempre più ridotto. I servizi non  sono organizzati nel modo migliore, a volte la burocrazia allunga i tempi o rende difficile la formazione specifica, il reperimento del materiale pià aggiornato. Ad esempio abbiamo una stanza per la psicoterapia familiare, che prevede l'uso dello specchio unidirezionale, ma l'impianto di videoregistrazione non funziona correttamente e comprarne uno nuovo è troppo costoso per il budget di questo anno. Inoltre nel mio servizio non ci sono colleghi formati alla terapia familiare ed il progetto di creare un gruppo specializzato a cavallo di più servizi non è ancora decollato.
I progetti non mancano, ne abbiamo diversi molto buoni, ma trovare i finanziamenti è sempre un'impresa. Poi, quando riusciamo ad avere la delibera, ci vogliono mesi per avere i soldi disponibili. Per non parlare del fatto che a volte mi ritrovo a svolgere compiti che non mi spettano. Stamani ho svolto tre colloqui e due psicoterapie e negli intervelli tra un colloquio e l'altro sono andata a supervisionare un trasloco nei nuovi locali per il Centro Diurno per l'Autismo. Durante le vacanze di Natale io ed il mio capo ci siamo ritrovati per imbiancare i locali dove il centro era stato temporaneamente assegnato!!! Certamente avremmo potuto chiedere che lo facessero gli operai, ma avremmo dovuto aspettare altro tempo ed intanto le famiglie non potevano più attendere.
Insomma noi operatori della salute mentale nei servizi è come se fossimo ancora in trincea. Mi dicono che nelle regioni più ricche del Nord le cose vanno meglio, ci sono più risorse e maggiore specializzazione, chissà forse lì non mi sentirei  una psicologa della mutua.
Quando penso a tutto questo, alla fatica e alle frustrazioni, ma anche ai piccoli grandi successi, al sorriso con il quale una mamma mi saluta nel corridoio rivedendomi dopo alcuni anni, mi sembra di fare un gran bel lavoro. Devo ricordarmelo più spesso, ecco. Oggi è stata una di quelle giornate faticose e un po' tristi ed avevo bisogno di ripercorre i motivi per cui domani mi alzerò, mi preparerò ed andrò a timbrare il mio ingresso alla ASL.
Buonanotte.
(eh si, questa è proprio una forma di autoterapia!!!)

Nessun commento:

Posta un commento