Rio de Janeiro, lunedì 2 maggio.
L'aeroporto non ci è apparso molto confortevole, forse anche per l'orario di arrivo. La prima impressione della città è stata caotica: strade a quattro corsie tra le quali le auto si spostano in modo confuso, anche il nostro tassista fa delle gincane pericolose. Sul taxi le stazioni radio sembrano abbastanza simili alle nostre, qualche canzone in portoghese, molte in inglese. Giuseppe comincia a praticare la lingua, io osservo la teoria di case che si susseguono, alcune molto moderne, altre fatiscenti, sembra che non ci sia una via di mezzo tra i vetri lucidi dei grattacieli e le lamiere delle favelas.
Per salire al Corcovado ed arrivare al Cristo Redetore, prima tappa della visita, prendiamo il trenino che attraversa la foresta (si fa per dire) di Tijuca. Ci sono molti turisti come noi, ma la vista vale la pena. Dalla terrazza si comprende la morfologia della città, dei suoi quartieri distesi o arroccati, nelle valli e tra i Morri (colline), delle coste e spiagge e di fronte l'Oceano. C'è il sole, però non fa troppo caldo, in Brasile la stagione ha le temperature di un autunno un po' più caldo del nostro.
Scendiamo in una spiaggia piccola, Urca, che Chiara ci ha consigliato: la sabbia è granulosa e luccicante, l'acqua abbastanza pulita, ma non ci sentiamo di metterci in costume, pranziamo e cerchiamo un museo che ci ha colpito sulla guida Museo do indio, sulla cultura delle popolazioni che abitavano qui prima della conquista dei portoghesi. Il museo documenta quello che rimane degli indios e soprattutto le loro tecniche di tessitura: ci sono dei campioni molto interessanti di abiti, collane, copricapi, bracciali, peccato che le didascalie siano solo in portoghese. Non ci rimane molto tempo, ma decidiamo comunque di andare a visitare il Museo do Amanha: la struttura architettonica è splendida e all'ora del tramonto in cui arriviamo è illuminata in modo suggestivo di luci giallo-arancio che contrastano con l'azzurro indaco del cielo. Però sta chiudendo e dobbiamo rimandare la visita.
In serata Giuseppe ha già deciso di andare al Carioca da Gema, un locale famoso del quartiere Lapa, dove suonano e cantano artisti di samba e altri generi musicali, si mangia anche abbastanza bene. A Lapa torneremo più volte, perchè la concentrazione di locali di musica brasileira è molto alta, quasi uno ogni dieci metri. La serata merita, anche se io sono molto stanca. Ma è un piacere vedere la pura gioia negli occhi di Giuseppe. Inoltre per ora tutte le mie paure di inizio viaggio si sono, come sempre, dileguate: il viaggio in aereo è andato bene, la città è caotica, ma non sembra pericolosa, la gente ospitale e serena. Siamo stati in particolare fortunati nello scegliere la pousada giusta.
Che bello ...mi sembra di essere lì con voi.
RispondiEliminaBel racconto,leggere è davvero come essere lì anche per me!
RispondiElimina