lunedì 11 luglio 2016

Aragosta contro Dio

Grazie a mia figlia e a due amici cinefili ho rivisto Dio esiste e vive a Bruxelles (Jaco van Dormael), già apprezzato come mio miglior film del 2015,  e ho scaricato da Google Play The Lobster (Yorge Lanthimos),  entrambi ambientati in una realtà ipotetica e  surreale. I due film  sembrano  interrogarsi e riflettere sui quesiti più profondi della nostra esistenza. Si differenziano però nello stile e nelle atmosfere: per quanto entrambi mostrino una vena umoristica, nel caso del primo si tratta di una ironia leggera, venata di poesia e di speranza, mentre The Lobster risulta cupo, sarcastico e disperato. La fotografia infatti nel primo film è varia, dai grigi ai toni brillanti,  effetto cartoon, mentre nel secondo è giocata solo su  toni grigi e marroni.
Il mondo immaginato dal regista belga è uno scherzo di un dio indifferente ed egoista, ( un grande Benoit Poelvoorde) che scrive  le leggi del suo passatempo ( accusando  Murphy di averlo copiato) , in un gioco crudele nella sua insensatezza, ma non risulta antiumanistico. La recitazione è corposa, scoppiettante  e i personaggi appaiono credibili anche se messi in situazioni assurde. Ea, la figlia di dio, invia   la data della propria morte agli uomini, per costringerli e ripensare ciò che fanno e ciò che possono ancora compiere, senza paura. Le  imprese di alcuni suoi prescelti, ma sempre per  caso, diventano  i vangeli di una nuova era al femminile, con tanto di sfondi floreali,   illustrati  con metafore visive e quadri viventi : "la sua voce aveva un suono simile a  trenta uomini che schiacciano noci" è la frase illustrata di una apostola.
La recitazione di The Lobster è piatta, senza increspature, quasi a sottolineare la distanza tra  un'apparenza di senso e le scelte invece assurdamente insensate che i personaggi  compiono. Anche gli ambienti fin troppo normali contrastano con le scene di aggressioni e violenze. Nel mondo distopico di Lanthimos le leggi, create dagli uomini,  sono volte a realizzare non si sa bene quale utopico regolamento delle relazioni umane, del quale non si comprende lo scopo. Il protagonista costretto a trovare una compagna, perchè non si può rimanere single,   sceglie di corteggiare proprio una donna "crudele", adeguandosi, anche se per finta, alla sua crudeltà e ne rifiuta invece un'altra perchè non ha i capelli corti. Un Colin Farrel vuoto, sempre uguale a se stesso, si dovrebbe innamorare, uccide, scappa e alla fine, forse, si rende cieco.
Pur essendo simili nel tentativo di interrogare lo spettatore in modo  filosofico i due registi si distanziano nel tipo di umorismo, tenero e solidale quello di Van Dormael, grottesco e distante, fino ad essere freddo, quello di Lanthimos, e divergono nell'idea di una umanità, frutta di uno scherzo, ma disponibile a mettersi in gioco e a ritrovarsi,  e invece nella rappresentazione di una umanità costretta da regole e principi sociali dai quali non si riesce a fuggire neanche quando si scappa. Un mondo di speranza, anche se confrontato con l'illusione di una Provvidenza che non è altro che un inganno, contro  un mondo disperato, che l'amore non salva, perchè è la violenza a vincere comunque.
Se dovessi scegliere, vivrei a Bruxelles.

1 commento:

  1. come sei brava amore mio...sono orgogliosa di te e un poco anche di me per avere una figlia così super.

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